La vita in accelerazione di Vincenzo Gallucci, con i sogni sempre proiettati un po’ più in là, può solo essere un esempio di come può essere affascinante la vita di un pioniere, in questo caso in medicina. La passione prepotente, di cui lui stesso era imbarazzato perché impaurito che il suo talento non fosse sufficiente per nutrirla e assecondarla, diviene ingestibile e lo spinge a fare delle scelte difficili e in controtendenza con le scelte di convenienza e di comodo. Non ho conosciuto personalmente Vincenzo Gallucci, ma se dovessi riassumere la sua avventura in tre parole, non avrei dubbi. Coraggio. Un uomo coraggioso al punto di prendere la propria vita in mano e trasformarla in un percorso di eccellenza, andando contro le consuetudini più volte: prima trasferendosi a Charlotte in Nord Carolina per imparare le basi del mestiere, spostarsi poi a Houston, Texas, nel più avanzato centro di cardiochirurgia del mondo, ripartendo da capo. Raggiunti i livelli di eccellenza che gli avrebbero permesso una carriera gloriosa e remunerativa negli Stati Uniti, decise poi di tornare in Italia, sapendo di dover ricominciare una terza volta, con la sua nuova professionalità come unica arma contro un sistema burocratizzato, immobile e poco incline al cambiamento, come quello italiano. Al coraggio si fonde la seconda parola: determinazione. Non solo è riuscito a portare a compimento il suo percorso formativo e di alta specializzazione, ma è riuscito anche a vincere le resistenze, le paure e le difficoltà oggettive dell’amministrazione pubblica nell’intraprendere un percorso complicato, innovativo e che per la sua stessa natura poteva fallire. Con la sua lucida determinazione è riuscito a portare un’innovazione totalmente rivoluzionaria in Italia, sia dal punto di vista delle prospettive per la sanità pubblica, sia dal punto di vista etico. Il trapianto di cuore. Tutto questo avrebbe potuto farlo altrove, e qui arrivo alla terza parola l’orgoglio, in questo caso un orgoglio incandescente, nascosto sotto una coltre di riservatezza e di modestia che lo hanno spinto a voler raggiungere quei risultati nel suo Paese, in Italia. La passione è una forza travolgente, che di fatto si manifesta come una riserva energetica infinita e a volte debordante. Se, sulla passione che alimenta l’innamoramento per la propria professione si innestano il coraggio, la determinazione e l’orgoglio, la pianta che nascerà, svilupperà radici forti e profonde, un tronco solido, rami grossi e ben orientati, foglie rigogliose. L’albero però, dovrà resistere al vento, al gelo e alle piogge torrenziali. Tutto questo per produrre frutti che conterranno i semi, i quali altro non sono che le speranze e la guarigione dei pazienti, ma anche i sogni delle nuove generazioni di medici che vedono in lui un’eccellenza possibile nella sanità pubblica. Al coraggio si fonde la seconda parola: determinazione. Non solo è riuscito a portare a compimento il suo percorso formativo e di alta specializzazione, ma è riuscito anche a vincere le resistenze, le paure e le difficoltà oggettive dell’amministrazione pubblica nell’intraprendere un percorso complicato, innovativo e che per la sua stessa natura poteva fallire. Con la sua lucida determinazione è riuscito a portare un’innovazione totalmente rivoluzionaria in Italia, sia dal punto di vista delle prospettive per la sanità pubblica, sia dal punto di vista etico. Il trapianto di cuore. Tutto questo avrebbe potuto farlo altrove, e qui arrivo alla terza parola l’orgoglio, in questo caso un orgoglio incandescente, nascosto sotto una coltre di riservatezza e di modestia che lo hanno spinto a voler raggiungere quei risultati nel suo Paese, in Italia. La passione è una forza travolgente, che di fatto si manifesta come una riserva energetica infinita e a volte debordante. Se, sulla passione che alimenta l’innamoramento per la propria professione si innestano il coraggio, la determinazione e l’orgoglio, la pianta che nascerà, svilupperà radici forti e profonde, un tronco solido, rami grossi e ben orientati, foglie rigogliose. L’albero però, dovrà resistere al vento, al gelo e alle piogge torrenziali. Tutto questo per produrre frutti che conterranno i semi, i quali altro non sono che le speranze e la guarigione dei pazienti, ma anche i sogni delle nuove generazioni di medici che vedono in lui un’eccellenza possibile nella sanità pubblica. La passione ce l’hai dentro, ci nasci, ma non basta. Sono altre le qualità che devi coltivare per concretizzare il tuo sogno, che si trova sempre un po’ più in là. Pionieri in sanità pubblica non si nasce, ma si diventa. Vincenzo Gallucci è stato uno di loro. Dal racconto della vita di Vincenzo Gallucci, traspare come lui fosse un uomo normale, con i dubbi e le perplessità di una persona che vuole sfidare il sistema, e che vuole farlo nel suo Paese, nonostante sia consapevole che sarà un percorso tutto in salita. Oggi assistiamo ad un affaticamento delle nuove generazioni di ricercatori in campo biomedico, non solo, essi sono spesso schiacciati in un ambiente ingessato ed antimeritocratico che non gli permette di spiccare il volo. I migliori cercano opportunità all’estero, e spesso ci rimangono – depauperando il Paese dell’oro grigio – che non è certo una risorsa rinnovabile perché ogni cervello è unico, e in questo campo non si può applicare di certo “l’uno vale l’altro”.
La ricetta di Vincenzo Gallucci, coraggio, determinazione e orgoglio, oltre ad essere la formula che gli ha permesso di raggiungere traguardi di assoluta eccellenza, dovrebbe essere uno spunto di riflessione per le giovani generazioni che l’Italia ha cresciuto e istruito. Così come è vero che il cambiamento di un sistema ancorato al passato è lento e difficile, è altrettanto vero che il cambiamento non avviene spontaneamente, ma grazie a forze che spingono da più direzioni e che portano con se il vento del coraggio, della determinazione e dell’orgoglio. Ed è proprio questo vento che può spazzare via le consuetudini obsolete per lasciar spazio ad una trasformazione di cui l’Italia sarebbe capace, se solo lo desiderasse veramente. Come fece Vincenzo Gallucci.
di Ilaria Capua
Ilaria Capua, medico veterinario, virologa, è nota soprattutto per i suoi studi sui virus influenzali e in particolare sull’ influenza aviaria. La sua decisione di rendere pubblica la sequenza genetica del virus dell’aviaria, ha permesso lo sviluppo della cosiddetta scienza open source. Eletta mente rivoluzionaria, è stata inserita nell’elenco dei scienziati top di «Scientific American».