Illustrissimo Paolo Ojetti, Direttore del «Mattino di Padova», leggo tra le lettere a lei indirizzate e pubblicata qualche giorno fa, una lettera che mi chiama in causa a proposito di presunte differenze di comportamento nei riguardi del signor Claudio Villa, ricoverato nel nostro Centro Cardiochirurgico e operato alcuni giorni or sono, rispetto alla generalità degli altri pazienti in lista di attesa. Vorrei che fosse chiaro all’autore della lettera e a tutti i pazienti che aspettano di essere da noi ricoverati per intervento cardiochirurgico, che in nessun caso l’ordine di prenotazione viene superato se non per vere urgenze, abitualmente associate a trasferimento diretto da altri ospedali, nelle quali il paziente venga giudicato dai medici curanti in pericolo di vita. Tale era appunto il caso del signor Villa e tale è purtroppo il caso di molti altri che quotidianamente ci vengono proposti da Centri Cardiologici di varie Regioni, per intervento urgente. Dall’altra parte i vari problemi che hanno prolungato il decorso post operatorio del malato sono una chiara riprova della grave situazione di partenza.
Con molta cordialità,
Professor Vincenzo Gallucci
Ogni paziente perso è vissuto da ogni medico, e in partico- lar modo dal chirurgo, come una grande sconfitta. La morte di Claudio Villa, il reuccio della canzone italiana, ha rappresentato per Gallucci anche qualcosa in più. Nei giorni subito successivi all’intervento eseguito martedì 27 gennaio 1987 nel Policlinico di Padova, si scatena una vera e propria polemica su un presunto favoritismo che avrebbe accompagnato il ricovero del cantante romano. Una bagarre poi vissuta con grande amarezza dal cardiochirurgo mantovano. Claudio Villa, al secolo Claudio Pica, nato a Roma nel popolarissimo rione di Trastevere l’1 gennaio 1926, è destinato a diventare un paziente di Gallucci ben prima di quel ricovero al Policlinico di Padova, fatto in tutta fretta domenica 25 gennaio 1987. Il reuccio ha una smisurata ammirazione per il cardiochirurgo mantovano, una stima nata in occasione del primo trapianto del 14 novembre 1985. In quei giorni Villa dichiara ai giornali che nel momento della morte avrebbe donato il suo cuore proprio a Gallucci. Un gesto impossibile perché il suo cuore è già gravemente compromesso e ora la situazione è ancora più difficile a causa del cattivo funzionamento di uno dei suoi due polmoni. L’intervento, divenuto così molto rischioso, dura otto ore. Tecnicamente sono impiantati quattro by-pass e nei primi giorni del post-operatorio sembra che tutto possa andare per il meglio. Ma c’è qualcosa che non funziona. La ripresa è lenta, anzi tarda ad arrivare. I giorni trascorrono e il quadro complessivo si fa sempre più preoccupante. Sono i giorni in cui la televisione trasmette il festival di Sanremo. Claudio Villa ha giurato che ci sarebbe stato e per certi versi mantiene la promessa. I dieci giorni che trascorrono dall’intervento sono vissuti sotto assedio mediatico. Sono decine i cronisti, inviati, fotografi e cinereporter che prendono d’assalto la Cardiochirurgia.
Alle ore 8.30 di martedì 27 gennaio, Villa entra in sala operatoria, mezz’ora dopo arriva Gallucci. L’intervento vero e proprio termina alle 17.30, poi segue un lungo periodo di osservazione. Il risveglio del cantante alle 21. A movimentare la giornata anche un battibecco tra Mauro, figlio primogenito del cantante, e un fotografo che s’infila senza tanti riguardi nella stanza 22 occupata dai familiari di Villa. La stanza, il letto, è lo stesso che ha occupato Ilario Lazzari, nei giorni precedenti al trapianto di cuore. Lo scontro si conclude con qualche spintone fuori programma. Poi la bufera passa e Mauro ricorda i motivi della scelta padovana: «Già lo scorso anno mio padre aveva deciso di donare, in caso di morte, il cuore al professor Gallucci».
Le notizie filtrano a fatica, i tempi si allungano a dismisura. Dal portellone verde della sala operatoria ogni tanto s’affaccia un infermiere, un medico. Si riescono a strappare solo poche frasi. «Sta andando tutto per il meglio, ne avremo ancora per un paio d’ore. Come sta? Bene ma stiamo incontrando delle difficoltà.»
Alle 14 anche Patrizia, la giovane moglie di Villa, non ne può più e si avventura verso la sala operatoria dove è accolta dai flash dei fotografi. Il clima è da assedio, simile a quello vissuto un anno e mezzo prima, in occasione del trapianto di cuore a Lazzari. La situazione potrebbe sfuggire di mano e alle 15.30 arriva la Polizia a mantenere l’ordine pubblico. Passano le ore e non succede nulla, tranne il consueto via vai di medici e infermieri. Si rifà vedere la moglie Patrizia. Stavolta i fotografi sono appostati fuori dalle grandi vetrate. Il volto è tirato, la tensione è tanta. Scoppia in la- crime quando vede uscire di corsa un medico. Una suora chiude le persiane e la cronaca in diretta finisce lì. Alle 19 la porta presidiata da agenti di Polizia si spalanca. Appare Gallucci. È teso, in- fastidito dalla ressa. Però non si sottrae e rivela che «È stata un’operazione più difficile del previsto. Siamo rimasti con il paziente in Rianimazione solo per precauzione, del resto lo facciamo con tutti. Spero di sciogliere la prognosi nel giro di un paio di ore. Posso confermarlo, tornerà a cantare.»
Rimbalza la polemica del paziente privilegiato. Gallucci non si scompone: «Si tratta di un malato urgente e da noi le urgenze non aspettano mai.»
Qualche notizia in più sull’intervento la regala Uberto Bortolotti, assistente di Gallucci: «Abbiamo inserito quattro by-pass utilizzando una vena safena e due arterie mammarie. Claudio Villa ha tollerato bene l’intervento, anche se c’è stato qualche problema in più, non previsto. Il paziente presentava una situazione coronarica piuttosto complessa. No, il cuore non si è mai fermato, ha avuto solo un po’ di difficoltà nel riprendere. Per questo ci siamo serviti di un aiuto meccanico esterno, di un contropulsatore.»
A tarda sera filtrano altre notizie meno rassicuranti, ma la situazione non è ancora drammatica. Si aspetta che la crisi passi. Si cerca di pensare positivo.
I giorni successivi trascorrono in una sorta di valzer tra notizie buone e meno buone. Ci si mettono anche delle complicazioni renali a rendere la situazione ancora più complessa. Domenica 1 febbraio il professor Gallucci si lascia andare a un ottimistico «in complesso le condizioni sono buone, ma il fisico resta debole».
Ma quel cuore alla fine cede all’improvviso. E gli ultimi attimi sono drammatici. Claudio Villa si strappa la mascherina dell’ossigeno, mormora di non farcela più. La crisi inizia sabato 7 febbraio, attorno alle 15.30. Il cantante si agita appena viene a sapere che deve essere sottoposto a Tac. Poi i primi segnali di rinuncia alla vita. Si strappa la cannuccia dell’ossigeno mentre è portato in reparto. L’arresto cardiaco arriva improvviso, qualche minuto dopo, alle 16. Claudio Villa è portato in tutta fretta in Rianimazione. Gallucci non c’è, è a Milano, non c’è neppure AlessandroMazzucco, il suo Aiuto. Le prime cure sono prestate dai dottori Livi, Rizzoli e Milano. È aperto il torace, non c’è neppure il tempo di preparare la sala operatoria, l’intervento avviene direttamente in Rianimazione. Il cuore è massaggiato per diversi minuti, anche se debolmente riprende a battere. Alle 18 un secondo arresto cardiaco. I medici chiamano i familiari del cantante, lasciano poche speranze. Patrizia, la moglie, continua a passeggiare per il corridoio, è distrutta. Il clima diventa surreale, la morte resta assurda anche quando riguarda un personaggio famoso. Poco dopo arriva anche un cappellano, il dolore impedisce di pensare, ci sono le convinzioni religiose di Claudio Villa da rispettare. Il sacerdote preferisce non entrare. Passano le ore e si aspetta sempre l’arrivo del professor Gallucci. La speranza si trasforma in attesa. Il cardiochirurgo arriva alle 22. Forse Villa è già morto, ma si aspetta la fonte ufficiale. L’annuncio ufficiale alle 22.30, ma da tempo ormai non si illude più nessuno.
A confermarlo è lo stesso Gallucci con uno scarno «Non c’è molto da dire, alle ore 22 il cuore di Claudio Villa ha cessato di battere. Il decesso è stato causato da choc da pancreatite acuta».
È sabato 7 febbraio 1987, sta andando in onda in diretta l’ultima serata del festival di Sanremo. A dare l’annuncio all’Italia intera è Pippo Baudo, il presentatore e testimone di nozze di Villa. Il pubblico dell’Ariston si alza in piedi: è un applauso lungo, convinto, come merita un grande della musica leggera. Claudio Villa, lo aveva detto un mese prima a Raffaella Carrà, lui a Sanremo ci sarebbe stato e ancora una volta ha mantenuto la promessa senza tradire il suo pubblico.
Il corpo del cantante è esposto in una camera ardente allestita all’obitorio del Policlinico. Migliaia di fan, circa venticinquemila, scivolano davanti alla bara aperta, dentro Claudio Villa con il vestito di scena e i guanti bianchi. I giorni successivi sono pieni di amarezza per Gallucci. Alla morte di Claudio Villa paziente, si aggiungono le polemiche per le presunte corsie privilegiate a Cardiochirurgia. Confessa: «È una sconfitta inspiegabile, amara. Fino a venerdì ero convinto che ce l’avrebbe fatta».
Il clamore si placa, l’assalto di giornalisti e fotografi pure. Dopo qualche giorno attorno al reparto di Cardiochirurgia dell’ospedale di Padova il clima torna quello di sempre. Nell’aria solo dolore, rimpianto. Non della morte eccellente, ma della morte di un paziente. Di un uomo. Gallucci che ha seguito con passione gli ultimi giorni di vita di Claudio Villa, solo all’apparenza non si scompone. Il medico è abituato a lottare contro il destino. Nel suo studio, al terzo piano, l’atmosfera ovattata rende il tono ancora più pacato, la calma è quella di sempre.
Prima di arrivare a Padova, Villa è stato ricoverato al Policlinico Gemelli per circa 25 giorni. A Roma gli avevano fatto tutti gli esami. Le condizioni generali erano buone, preoccupava solo il cuore. Di questo tipo di interventi chirurgici ne facciamo a migliaia. Anche la degenza non presentava eccessive preoccupazioni. Ormai è quasi diventata routine. Forse proprio per questo non ci sono spiegazioni. La medicina di fronte a queste cose è impotente. Nessun rimpianto? I rimpianti ci sono sempre quando ti accorgi di aver perduto una persona che ti era stata affidata. Ma non abbiamo nulla da rimproverarci. Villa, come del resto gli altri pazienti che sono operati nel nostro reparto, è stato seguito da validi specialisti. Di più non poteva essere fatto…
«Quando si è accorto che non c’era più niente da fare?»
Sabato sera, quando sono arrivato in ospedale. Fino al giorno prima ero certo che avrebbe superato il decorso post operatorio. Del resto le varie crisi, come broncopolmonite, insufficienza renale, sofferenza epatica ed edema pancreativo, erano state sempre tenute sotto controllo. Nulla poteva far prevedere la morte. Quando abbiamo smesso di lottare? Non si smette mai di combattere. Non si molla fino a quando il paziente non è morto. Nel caso di Villa quando sono arrivato in Rianimazione, verso le 22, mi sono reso conto che era finita, non rispondeva più.
«Si è parlato della mascherina strappata, di una certa stanchezza psicologica che avrebbe contribuito alla resa fisica del cantante.»
Come medico rifiuto l’ ipotesi. Il cuore continua a battere nonostante il morale del paziente. I familiari dicono che era stanco? Sono convinto del contrario, lo vedevo abbastanza tranquillo, rispondeva alle sollecitazione, come paziente collaborava molto. Giovedì sera gli abbiamo fatto vedere qualche minuto del festival di Sanremo. Sembrava che tutto andasse bene. E invece è stato tradito dalla pancreatite acuta unita all’ infarto broncopolmonare. Fino ad allora tutte le complicazioni erano state controllate. È anche vero che raramente si incontrano pazienti con un decorso post operatorio così pesante. Ma il crollo che ha portato alla morte non ha spiegazioni.
E si torna all’origine: il perché non trova risposte. Il medico conosce le cause, non i motivi. La vita resta elemento sacro, uguale per ogni uomo. Anche per questo la sconfitta è ancora più dolo- rosa, pesa sul morale. E per Vincenzo Gallucci, il cardiochirurgo dei sogni, la morte di Claudio Villa lascia dolore, impotenza e amarezza.